AquilaRITORNO ALLE RADICI

Don Saru di favi

IL GIULIO VERNE LINGUAGLOSSESE

(Don Saru di Favi)

  Al secolo Restivo Rosario, ex scudiere della facoltosa famiglia Previtera, già anziano, godeva di una pensione concessagli dalla anzidetta famiglia presso la quale aveva prestato servizio in gioventù.

Poichè gli episodi che sto per riferire sono avvenuti negli anni 1915/20 è da dedurre che il servizio prestato dal Restivo alla famiglia Previtera si sia svolto nel secolo scorso e cioè quando la "Previdenza" e la "Pensione" ai privati non esisteva nemmeno nella menti più fulgide.

Il nostro, era conosciuto a Linguaglossa con il nomignolo di "don Saru di favi" (don Saro delle fave), nomignolo meritato per le fantasiose storie che raccontava, ritenute dal pubblico "balle", in gergo dette "fave".

Da mettere in rilievo è la circostanza che don Saro era analfabeta e, malgrado ciò, le sue trovate erano ingegnose e frutto della sua fantasia; non è azzardato, quindi, dedurne che se avesse studiato sarebbe risultato un altro Giulio Verne.

Si era da poco appresa qualche vaga notizia sulla invenzione di Guglielmo Marconi circa il telefono senza fili, ed ecco che lui, don Saro, racconta agli amici, che fingono di credergli mentre lui, finge di non capire che quelli fingono, storie incredibili. Racconta infatti, che la sera, prima di andare a letto, lui, don Saro, per mezzo di un apparecchio mi-sterioso, parla con i suoi figli residenti in America; - E descrive dettagliatamente, come si era svolto il dialogo:

"Cosa stai facendo?", chiedeva il padre

"Mi sto spogliando per andare a letto", rispondeva il figlio, e toc toc sentiva il rumore delle scarpe che il figlio si toglieva dai piedi e poggiava a terra.

Una sera, addirittura, mentre parlava, sente un forte botto:

"Cosa è successo?", gli chiede, ed il figlio

"Niente, Papà, mi è caduto l'orinale dalle mani".

Oggi, naturalmente, questi racconti potrebbero non impressionare alcuno, ma settantacinque anni addietro erano fantasie ed anche di grande pregio.

E ne raccontava tante di queste "fave".

Eccone una più colorita.

In una calda estate, la calura si faceva sentire anche a Linguaglossa, ed ecco don Saro che decide di andare a prendere una giornata di brezza marina così che, d'accordo con la moglie, si recano a Riposto col treno.

Ivi giunti, decidono di prendere un bel bagno rigeneratore.

Il mare era splendido, e, una volta tuffati in acqua, si attardano il più possibile finché, soddisfatti, decidono di tornare in spiaggia, per asciugarsi e rivestirsi.

A questo punto la moglie ha un sussulto.

"Madonna Santissima, e l'anello?!"

Infatti aveva perduto l'anello col brillantine, regalo di nozze del marito.

Cercano febbrilmente fra gli indumenti, a terra, in quel tratto di spiaggia percorsa e dove avevano preso il bagno ma, dell'anellino, nessuna traccia.

Dolore e disperazione della moglie che non poteva rassegnarsi.

Don Saro, la conforta e cerca di rincuorarla: "Non c'è nulla da fare, pazienza, vuoi dire che, appena possibile, te ne comprerò un altro".

Al ristorante pranzano, e, nel pomeriggio, vanno un in giro per la cittadina di Riposto.

La sera, prima di intraprendere il viaggio di ritorno vanno in pescheria dov'è pesce freschissimo pescato durante la giornata, ne comprano un chilo e riprendono il treno che li riporta al paese.

Arrivati a casa decidono di pulire e cucinare il pesce e la moglie si accinge a pulirlo. Appena sventra il pesce più grosso, nota che qualcosa di metallico cade sul tavolo. Guarda bene, pulisce quegli ingredienti e cosa scopre? L'anellino perduto!

Onore al genio e alla fantasia. (Pìlade Ripa, Tempi andati a Linguaglossa, pag. 35, 1991) [Indietro]


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